WE ARE THE CHAMPIONS!

Una notte da ricordare, una notte per ripartire

La storia di un tripudio. Avete presente quando il Real Madrid dopo aver battuto l’Atletico in finale ha sfilato nella tribuna dello stadio “Josè Alvalade” di Lisbona per ritirare la Champions League appena vinta? E’ accaduta esattamente la stessa cosa.

Alle 20.29 del 25 ottobre 2014 l’animatore della serata organizzata dall’Ufficio Missionario in collaborazione con la pastorale giovanile diocesana di Taranto, annunciava che fra tutti i gruppi giovanili delle parrocchie della diocesi di Taranto il più bello, il più significativo, quello che rappresentava meglio il tema della serata intitolata “Periferie cuore della missione” era quello realizzato dai giovani della nostra parrocchia, la Santa Famiglia, in Salinella. E così, noi giovani del quartiere abbiamo sfilato in un tripudio di esultanza e battimani fra la platea festante fino al palco su cui ci ha accolto il vescovo, Mons. Filippo Santoro, che si è congratulato consegnandoci, come riconoscimento per il primo premio conquistato, una targa ricordo.

Lo striscione raffigura un cuore diviso in quattro parti da una croce che rappresenta il modo concreto attraverso il quale Gesù ci ha amati. All’interno del cuore, nei quattro spazi, abbiamo disegnato i luoghi simbolo del nostro quartiere (stadio, parrocchia, mercato e centro accoglienza ABFO) nei quali ci proponiamo di essere testimoni dell’amore di Dio.

Il motto che abbiamo pensato riassumeva questo disegno: “La nostre missione più bella annunciare Gesù alla Salinella”.

Sappiamo molto bene di vivere in un quartiere difficile ma questo non ci ha mai spaventato. Il nostro impegno non è legato soltanto alle quattro mura della parrocchia ma, come ci chiede il Papa, siamo stati sempre pronti ad uscire per tendere la nostra mano in tutte quelle situazioni di buio, di difficoltà, di morte, perché possano essere trasformate in luoghi di luce, serenità, vita. Ci rendiamo conto che annunciare il Vangelo vuol dire dare segni di concretezza nel territorio in cui viviamo e che amiamo. Per questo motivo, grazie al supporto dei nostri sacerdoti, sono nate le varie realtà di servizio al quartiere (oratorio, Caritas, la scuola calcio per i più disagiati, l’OPS – Osservatorio Permanente Salinella, ecc). Questo è un impegno che già da tempo abbiamo preso e che, con l’aiuto di Dio, in diversi ambiti sta portando i suoi frutti. Ma non possiamo permetterci di cullarci sui risultati ottenuti: il nostro quartiere ha bisogno di giovani desiderosi di lottare per un cambiamento di rotta che sia definitivo.

Christian Cesario

Dal Giro d’Italia all’Ilva: quatto chiacchiere con Gionatan Scasciamacchia

Intervista a 360° a Gionatan Scasciamacchia, giovane Assessore del Comune di Taranto: quattro chiacchiere sul Giro, l’Ilva, la differenziata e la situazione delle periferie

 

1997-2014: dopo 17 anni torna il Giro d’Italia. Cosa significa, per la città di Taranto, la presenza di questo evento nazionale in un contesto sociale e politico macchiato dagli avvenimenti legati all’Ilva?

Il Giro d’Italia è stato un evento eccezionale perché ha visto la partecipazione di migliaia di cittadini, ma soprattutto tante persona che hanno dimostrato quanto sia importante la collaborazione, perché senza la gente non avremmo mai potuto ottenere un risultato così importante. Ma vedere tante persone contente, studenti, ragazzi, bambini, vedere tutte queste persone felici ci ha fatto veramente un grande piacere, anche perché era un evento che mancava da Taranto da 17 anni. Abbiamo pensato alla partenza per due motivi: il primo per rendere questo atto più convenevole e creare un clima familiare, anche perché l’arrivo crea soltanto attesa e l’emozione dura pochissimi secondi; quindi alla fine il tempo è davvero minimo per godere questi pochi istanti; e la seconda è perché la partenza costa di meno rispetto all’arrivo (circa 30.000€ contro gli 80.000€ dell’arrivo, somme finanziate dalla Regione Puglia, tramite l’assessore Minervini, mentre per quanto riguarda gli eventi collaterali sono stati finanziati da Puglia Promozione). Quindi il costo comunitario è stato pari a zero, e abbiamo solo speso circa 300.000€ (precisamente 287.000€) per rifare il manto stradale, specialmente quello delle strade coinvolte nel Giro d’Italia.

Questi 287.000sono fondi stanziati dal Comune di Taranto oppure dalla Regione Puglia?

giro a tarantoIl capitale è stato prelevato dai fondi comunali, ma non abbiamo utilizzato ciò che era stato previsto per il rifacimento delle altre zone della città. Per il rifacimento del manto stradale, le nostre previsioni si aggirano intorno ai 1.500.000€, divisi in tre lotti, e questi 300.000 sono stati prelevati da altri capitoli di bilancio: quindi, non abbiamo tolto risorse ad altre parti della città. L’amministrazione comunale ha stabilito il percorso anche in base alle strade che dovevano essere ristrutturate e ripristinate per l’occasione, risparmiando ulteriori fondi e creando un tragitto ad hoc.

Giustifica ciò anche a fronte dello stato di abbandono delle strade periferiche? Ci sono piani per il rifacimento di queste?

Assolutamente si. Abbiamo suddiviso la città in tre parti: quartieri Paolo VI e Tamburi, zona Borgo-Salinella e San Vito-Lama-Talsano. Sono tre lotti distinti e separati: abbiamo fatto un progetto che possa ricoprire l’intero rifacimento del manto stradale di Taranto. Le strade percorse al Giro erano in pessime condizioni: basti pensare a Via Garibaldi che era assolutamente inguardabile oppure il cavalcavia della ferrovia, nei pressi del porto Mercantile. Uno dei criteri per la manutenzione stradale è proprio la quantificazione delle auto che percorrono queste strade, quindi maggiore è il flusso veicolare e maggiori sono le possibilità di realizzare queste opere. Meno strade vengono percorse e più bassa è la loro priorità.

Dopo la disfatta del Pattinodromo in occasione della festa di San Giuseppe, abbiamo appreso dalle varie testate che la struttura sarà ristrutturata con risorse comunali: ci può dare ulteriori informazioni? Quali sono le tempistiche per la manutenzione ordinaria dell’impianto ed i costi che il Comune stesso sosterrà?
20140313_154045Una delle condizioni più importanti è stata quella di cercare di modificare quel bando, anche perché nessuna aveva partecipato all’affidamento di quella struttura, e abbiamo rivisto attraverso una delibera di giunta le modalità di affidamento. Il Comune di Taranto provvederà a ripristinare le parti che sono state divelte. Prossimamente, avremo un incontro con tutti gli organi di competenza interessati per cercare di trovare una soluzione al problema del mercatino delle pulci, che è adiacente al pattinodromo. Dopo aver ripristinato il tutto, si darà avvio alle nuove pratiche per l’affidamento. Tempi stimati? Non più di due mesi, verso la fine dell’estate dobbiamo avere già tutto pronto visto che verso settembre inizia la nuova attività sportiva.

Per prevenire ulteriori atti vandalici, il Comune ha valutato delle azioni per garantire la sicurezza dell’impianto sportivo?

Per quanto riguarda la vigilanza e la sicurezza, non è soltanto compito del Comune risolvere queste problematiche: in questi casi, è chiamata in causa l’intera cittadinanza perché l’inciviltà di alcune persone danneggia sempre la propria città. Bisogna cambiare mentalità e modo di vivere, affinchè si possa instaurare un rapporto istituzioni-cittadino. C’è ancora tanto da lavorare per cambiare questo stato culturale, specialmente in un quartiere come la Salinella. Il pattinodromo è stato divelto da ragazzini che volevano utilizzare le travi per il falò di San Giuseppe, un gesto vile da parte loro. Una ditta si è aggiudicata la gara una ditta che provvederà a ripristinare sia il campo scuola che il pattinodromo.

Il senso civico potrebbe portare anche alla realizzazione della Cittadella dello Sport sulla base del progetto esposto dall’avv. Russo e Boldoni?

Il senso civico è una questione che deve esistere in tutti quanti noi, in tutta la città: anche il non buttare la semplice carta per terra deve rientrare nel DNA del cittadino tarantino perché deve vedere la città come la sua casa. La Cittadella dello Sport è un passo importante anche perché c’è un’attenzione da parte della città e di tutta la Taranto sportiva. E’ un percorso difficile ma non impossibile: potrebbe, sicuramente, diventare un bene ed un patrimonio per questa città.

Sarebbe significativo anche se venisse fatto in un territorio come il quartiere Salinella?

Assolutamente sì, è proprio questo il nostro obiettivo. Ci sono delle aree comunali abbastanza ampie e predisposte ad ospitare la Cittadella dello Sport, come la zona adiacente al Palafiom. Non possiamo, assolutamente, trascurare le strutture esistenti: sarebbe come edificare una cattedrale in un deserto.

Potremo vedere cambiamenti nel quartiere, nell’immediato futuro?

Lo spero vivamente, anche perché possiamo fare tutti gli eventi sportivi immaginabili, come il Giro d’Italia, tornei internazionali di tennis da tavolo, però se non lasciamo qualcosa di concreto alla città, sarà stato vano il nostro lavoro. Questa è la mia preoccupazione maggiore:  non poter realizzare queste strutture che abbiamo in serbo di realizzare, con l’amministrazione comunale. E’ un lavoro di squadra, non bisogna mai sbagliare nulla altrimenti si fanno solo passi indietro. Ognuno di noi della giunta e del consiglio comunale ha prefissato di realizzare qualcosa di concreto per la città: è necessario realizzare strutture di questo genere per lasciare qualcosa di concreto alle prossime generazioni ed alle prossime amministrazioni.

Recentemente, nel nostro quartiere, ha preso inizio la raccolta differenziata per quanto concerne i rifiuti organici su richiesta degli abitanti stessi: l’iniziativa ha preso piede solo nel nostro quartiere oppure ci sono state altre richieste nelle varie zone della città?

La raccolta differenziata l’abbiamo fatta partire con l’organico nella zona di via Lago d’Alimini: un passo importante, considerata l’assenza dei contenitori adibiti alla raccolta indifferenziata. Abbiamo messo questi cassonetti anche contro la volontà di alcuni cittadini: ognuno di loro possiede una chiave con cui poter aprire il cassonetto condominiale, in modo tale che nessuno possa andare a gettare qualche rifiuto che non sia tra quelli indicati dal contenitore.  E’ sicuramente un progetto che abbiamo intenzione di diffondere nell’intera città per rendere Taranto più vivibile. Molti rifiuti vengono anche lasciati la domenica durante il mercatino delle pulci: a breve si concluderà un bando per l’assegnazione dei posti ed attraverso le varie adesioni avremo un controllo più accurato dell’intera area.

Randagismo alla Salinella: cosa ne pensa?

Il randagismo è un fenomeno ormai diffuso,  che però trova a stento una soluzione. Qui dovrebbe intervenire l’autorità competente, l’ASL (Azienda Sanitaria Locale). Il problema è sempre lo stesso: carenza di strutture da adibire per l’accoglienza di questi cani. Non tralasciamo che questo fenomeno è comune a tutte le città d’Italia. Inoltre, le normative vengono cambiate frequentemente ed è eclatante il caso del canile a stabulazione di Paolo VI che, una volta aperto, è risultato essere fuori norma a causa di alcune leggi modificate durante la sua realizzazione.

Qual è il suo pensiero da cittadino in riferimento a ciò che sta succedendo in città riguardo il caso Ilva ed il rischio ambientale? Quali potrebbero essere le mosse comunali?

Il sindaco ha fatto tutte le procedure per evitare un aggravamento dell’inquinamento. Il Comune, purtroppo,  ha poco competenza in materia ambientale, tranne per alcune emergenze per le quali l’intervento deve essere autorizzato dagli organi competenti come l’Arpa. Quando questa afferma che tutto è in regola,  il Comune non può provvedere a nessun tipo ordinanza. Viceversa, il Comune è sempre intervenuto con richiami in modo tale che l’inquinamento dell’ILVA rientrasse nei limiti di legge. Il problema è risolvibile solo attraverso una riambientalizzazione, bonificando le varie aree. In questa condizione non si può continuare ad operare: di fronte alla grande disoccupazione, l’ambientalizzazione dovrebbe portare anche numerose risorse sul territorio, senza le quali non riusciremo a risolvere il problema lavoro.

Anche se queste aziende sono, per la maggior parte, del nord?

Confermo. Bisogna puntare sulla bonifica: è l’unica strada percorribile in questo momento. Far chiudere l’ILVA significherebbe aumentare il tasso di disoccupazione e creare, quindi, un ulteriore aggravamento della situazione lavorativa dei vari cittadini tarantini.

Intervista a cura di Christian Cesario e Francesco Moretti

Il giovedì santo Papa Francesco laverà i piedi a disabili e anziani del centro di don Gnocchi

Papa Francesco celebrerà la messa “in Coena Domini” nella fondazione di don Gnocchi, a Roma. E riserverà la tradizionale lavanda dei piedi a disabili e anziani. Bergoglio, che l’anno scorso andò nel carcere minorile di Casal del Marmo dove per la prima volta nei riti papali introdusse tra i dodici anche una ragazza italiana cattolica e una serba nata a Roma di fede islamica, questa volta ha scelto un centro all’avanguardia nella riabilitazione motoria. Nella stessa zona di Roma. Dodici, come gli apostoli, le persone tra disabili e anziani a cui il Pontefice nel corso del rito rinnoverà il gesto della lavanda. Arriverà alla 17.30 di giovedì santo, il prossimo 17 aprile, e celebrerà quindi la messa in Coena Domini presso il Centro Santa Maria della Provvidenza, in Via Casal del Marmo 401, nella zona Casalotti-Boccea. Alla celebrazione che si terrà nella chiesa del Centro, comunica la sala stampa vaticana, parteciperanno gli ospiti, accompagnati dai loro familiari, dal personale e dai responsabili. L’appello alla collegiabilità. Intanto Francesco invoca più collegialità nella Chiesa. “Si possono e si devono cercare forme sempre più profonde e autentiche dell’esercizio della collegialità sinodale, per meglio realizzare la comunione ecclesiale e per promuovere la sua inesauribile missione”, scrive in una lettera al Segretario generale del Sinodo dei Vescovi, cardinale Lorenzo Baldisseri.

Nella missiva il Papa si sofferma a lungo sull’istituto del Sinodo dei Vescovi, creato nel settembre 1965 da Paolo VI e sulla propria volontà di accrescere la “collegialità” e l’unione tra i vescovi e il “vescovo di Roma” per il governo della Chiesa.

“Le Assemblee Sinodali, che da allora si sono celebrate alla presenza di Vescovi provenienti dai diversi continenti – ricorda Bergoglio -, hanno potuto far conoscere gli imprescindibili contributi riguardanti i problemi e l’attività della Chiesa nel mondo e hanno offerto al Successore di Pietro un valido aiuto e consiglio per salvaguardare e incrementare la fede, per proporre con coraggio l’integrità della vita cristiana e per consolidare la disciplina ecclesiale”.E ricorda anche come già Giovanni Paolo II, “nel ribadire l’efficacia del Sinodo e nel riconoscere l’enorme bene che esso donava alla Chiesa, prospettava con lungimiranza: ‘Forse questo strumento potrà essere ancora migliorato. Forse la collegiale responsabilità pastorale può esprimersi nel Sinodo ancor più pienamente'”.

E annuncia: “Trascorsi quasi cinquant’anni dall’istituzione del Sinodo dei Vescovi, avendo anch’io perscrutato i segni dei tempi e nella consapevolezza che per l’esercizio del mio Ministero Petrino serve, quanto mai, ravvivare ancor di più lo stretto legame con tutti i Pastori della Chiesa, desidero valorizzare questa preziosa eredità conciliare”. A tale proposito, aggiunge, “non v’è dubbio che il Vescovo di Roma abbia bisogno della presenza dei suoi Confratelli Vescovi, del loro consiglio e della loro prudenza ed esperienza”.

La croce fatta con il legno dei barconi. Una grande croce, alta 2,80 metri per 60 chilogrammi, e realizzata con il legno dei barconi di Lampedusa provenienti dalle coste libiche, sarà presentata domani a Papa Francesco per essere benedetta durante l’udienza generale. Poi comincerà il suo pellegrinaggio lungo tutta l’Italia per portare un messaggio di solidarietà e di pace tra comunità, parrocchie, culture, città e fedi.

Fonte: LaRepubblica.it

Noi, giovani imprenditori che resistiamo alla crisi nel Sud

Start up che puntano sul bio, aziende gestite da trentenni che vincono premi nel mondo. Che danno lavoro a paesi in crisi lottando contro burocrazia e cosche. Ecco le storie di chi quel Meridione che vuole risorgere e non si arrende

Santo alleva dromedari alle pendici dell’Etna. Monica inventa borse nei vicoli di Napoli, sfruttando la seta dei Kimono giapponesi. Daniele è l’ingegnere salentino che ha importato l’estro della Silicon Valley nella terra della pizzica. Domenico è il calabrese, testardo, che con la sansa delle olive ci fa prodotti per l’edilizia. E Daniela, in Sardegna, trasforma la lana in soffici materassini per riscaldare le case. E il latte in vernice ecologica. È un pezzo d’Italia che resiste, il filo rosso delle loro storie. Storie di creatività, di un Sud diverso da quello dell’eterno luogo comune italiano. Un Sud fatto di laureati, trentenni, e di imprenditori, più solidi, dalle spalle larghe. Ambiziosi i primi, demoliscono la sparata del presidente Fiat, John Elkan, che li aveva dipinti come eterni bambini, scatenando una bufera e poi ritrattando; disillusi i secondi, che sanno di poter contare solo sulle proprie forze.
Un primo dato è in controtendenza: lo Svimez – l’associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno – registra infatti un calo di 300 mila tra imprenditori e lavoratori autonomi negli ultimi cinque anni. Eppure la curva è più accentuata nel Centro-Nord, mentre l’imprenditoria giovanile risulta più frizzante proprio al Sud. Qui le aziende gestite da giovani fra i 20 e i 35 anni resistono meglio alla crisi, così come quelle dei “grandi” che si sono reinventati un lavoro. Capaci di trasformare una vita che costa meno, e per anni in ritardo sui ritmi di crescita del Nord, in un fattore di concorrenza. In un’opportunità: «In tempi di crisi globale può essere un elemento virtuoso, che fa ripensare ai progetti di vita», osserva Antonio La Spina, consigliere dello Svimez. E così chi è indeciso se lasciare il paesello o inventarsi un mestiere lì, sceglie di rischiare vicino casa. C’è chi investe nell’agricoltura biologica o nella green economy, c’è chi sceglie di puntare sull’artigianato. Giovani che vogliono liberarsi dalle maglie delle mafie, che non intendono più pagare il pizzo, come magari hanno fatto per decenni i loro genitori, giovani che pretendono dalla politica risposte e non più aiuti, non più il posto fisso nella Asl di turno, costretti poi a ringraziare il signorotto locale. «Sono sempre più numerosi i giovani che trovano assurdo versare l’obolo per garantirsi la sicurezza e si ribellano», spiega La Spina. «Spesso sono i figli degli imprenditori che hanno sempre piegato la testa». Piccoli passi del Sud, insomma, ai quali deve seguire un modo diverso di fare politica: «Ora è la classe dirigente che deve compiere scelte impopolari, che deve rompere gli schemi del passato fondati sulle clientele».

Il team di CicerOOs - foto di...
Il team di CicerOOs – foto di Christian Mantuano (OneShot)

Dalla Silicon Valley al Salento
Dal garage trasformato in laboratorio informatico a un vero studio professionale. Daniele Cassini ha fatto strada. Ora si rapporta con colossi dell’economia italiana, come la Fiat. E deve indossare camicia e pantaloni eleganti. I capelli corti, chiari, e il sorriso come biglietto da visita fanno da cornice al viso da bravo ragazzo. E pensare che è iniziato tutto quasi per gioco. Una fissazione che l’ha portato al successo: mostrare al mondo il meglio del Salento. Così Cassini dopo la laurea in ingegneria a Bologna, lo stage in una delle migliaia di aziende della Silicon Valley californiana, è tornato a Ugento, in provincia di Lecce, dove ha modellato “CicerOOs”, il motore di ricerca turistico che sfrutta un algoritmo in grado di cucire l’itinerario su misura del viaggiatore. Basta un clic per degustare un Primitivo d’annata, accompagnandolo con taralli fatti in casa, sulle note della musica popolare o del jazz, magari camminando tra le rovine dell’antica Magna Grecia, senza più portarsi dietro chili e chili di guide turistiche. Il Cicerone virtuale pensa a tutto. «Il progetto prende forma in Carlifornia», dice Cassini, «dove basta un garage e un’idea per creare ricchezza». Il socio, anche lui si chiama Daniele, nel frattempo conclude la tesi sull’algoritmo che cambierà le loro vite. All’inizio sono anni di precarietà, senza un euro in tasca. «Poi il miracolo», scherza Daniele, «nel 2012 abbiamo vinto il bando della Regione Puglia “Bollenti spiriti” per le migliori start up, e sono arrivate le prime risorse per aprire la società. A questo punto abbiamo iniziato il fundraising». L’iniezione di capitale ha permesso a “CicerOOs” di assumere due ingegneri a tempo indeterminato, lasciare il vecchio garage e crescere in poco tempo. Ora ci lavorano otto persone. E dopo avere intercettato clienti come il marchio torinese o l’American Express, stanno trattando con altri pezzi grossi targati Italia. L’obiettivo? Un milione di fatturato. «Ci sono le condizioni per tagliare questo traguardo», dice Cassini.

Anche se l’Italia della burocrazia e delle tasse colpisce anche i giovani talenti: «Qui è tutto difficile: trovare tecnici specializzati, districarsi fra regole e carte bollate, oltre al carico fiscale molto elevato: il costo del lavoro rispetto agli altri Paesi europei è altissimo, come si sa. Ma è incredibile che su un salario di mille euro un’azienda ne spenda più del doppio». Nonostante il fardello Italia che si tira dietro, Daniele non ha intenzione di emigrare. «La vera sfida è riuscire a realizzare i nostri sogni proprio qui, dove secondo molti è impossibile farlo. La vittoria finale vale doppio».

Santo Fragalà nel suo allevamento di...
Santo Fragalà nel suo allevamento di dromedari – foto di Alessio Mamo

Dromedari sull’etna
Guardare la sua piccola azienda è come riavvolgere il nastro della storia. Ai tempi della dominazione araba in Sicilia, proprio qui c’erano i dromedari. E lui, Santo Fragalà, veterinario, ce li ha riportati. Indossa pantaloni beige con piccoli cammelli ricamati. L’inflessione catanese è rimasta, ma la parlantina decisa sembra quella di un imprenditore pronto a sfidare il muro della burocrazia italiana. All’età di 25 anni, s’è inventato un lavoro che mette insieme l’antica Sicilia e la moderna industria dei prodotti bio. «Secoli fa sulla nostra isola c’erano i dromedari», racconta Santo, «fanno parte della storia di questa terra, eppure oggi devo superare resistenze culturali enormi, per tutti il cammello è solo un animale da ammirare allo zoo». Non per lui, però. Lui con il loro latte ci produce biscotti, torte, creme, saponi e prodotti cosmetici. Una versione moderna dei leggendari bagni di Cleopatra nel prezioso latte d’asina. Che Santo ha tolto dai libri di storia per piazzare sull’etichetta del suo bagnoschiuma, uno dei prodotti di punta, che non a caso porta il nome “Segreto di Cleopatra”. Santo è un altro che si vuole reinventare il Sud. Poteva passare la vita solo nel canile del paese, invece no. È durante il dottorato di ricerca che approfondisce le proprietà benefiche del latte di dromedario. E che trasforma un’idea in progetto di lavoro. Scontrandosi con procedure e regole non proprio amiche dell’impresa. «C’è voluto un anno per ottenere le autorizzazioni e portare in Italia gli animali. Ci ho perso giornate intere a compilare scartoffie», spiega.

«L’Europa e il nostro Paese non sono pronti a esperimenti del genere». E così, lui che ce l’ha fatta, mostra un po’ di vanità: è l’unico in Italia, e il secondo in Europa, a potersi presentare come allevatore di dromedari.
I primi prodotti sono già sul mercato, ora parte la fase due: preparare gli animali del suo allevamento a diventare autosufficienti, senza dover più comprare all’estero la materia prima: «Non appena la fattoria sarà avviata la filiera verrà ridotta al minimo», spiega. E così darà lavoro anche ai suoi compaesani: gli artigiani locali trasformeranno il latte in pasticcini o in elisir per rilassarsi con un bagno caldo. E pensare che anche lui, come migliaia di coetanei, è stato tentato dall’idea di fuggire, lasciare la Sicilia, cercare il Bengodi altrove. Poi però ha guardato oltre la staccionata, lo stretto di Messina, Taormina, il porto di Catania. E ha deciso di restare. «Mi confronto con una mentalità arretrata, con una società, quella siciliana, poco vivace dal punto di vista economico. Ma di una bellezza mozzafiato», dice. «E nonostante tutto, mi convinco di aver fatto la scelta giusta».

Daniela Ducato di Edilana - foto di...
Daniela Ducato di Edilana – foto di Alessandro Toscano (OnOff)

Edilizia in pura lana
«Chi sono io? Una contadina dell’edilizia». Si presenta così Daniela Ducato. A cinquant’anni s’è inventata la pecora 2.0. Lei che da una vecchia azienda edile ha creato “Edilana”. Già, nel momento della crisi più nera in Sardegna, con i pastori ridotti alla fame per la concorrenza straniera, Daniela ha trovato una nuova strada per far rendere il gregge. Con la lana sarda, anziché farci le coperte, ci produce un isolante per le case. In pratica sono grandi rotoli di lana, che vengono stesi sui tetti o tra i muri. Poi, nella sua Guspini, paesone di 12 mila abitanti nel Medio Campidano a una settantina di chilometri da Cagliari, trasforma pure il latte – quello che i produttori di pecorino pagano pochi spiccioli, preferendo la concorrenza straniera – nell’ingrediente segreto delle sue vernici naturali, delle malte per la bioedilizia, dei mattoni ecologici del futuro.

Quella che era l’impresa edile di famiglia è diventata, dal Duemila, un gioiello delle green economy che fattura 15 milioni di euro l’anno. E così nela sua fabbrica i macchinari lavorano gli scarti del latte e della lana: «Trasformiamo quelle che sarebbero eccedenze in prodotti modernissimi», racconta. tanto che la sua azienda s’è aggiudicata l’Euwiin awards 2013, come migliore innovatrice d’Europa.

Dalla natura arrivano le idee vincenti. E pure i pettirossi, minuziosi nel fare il nido, diventano una fonte di ispirazione per nuovi processi: «I macchinari sfruttano le tecniche di questi uccelli», rivela Daniela, che ha trascorso anni e anni a osservare e studiare il paesaggio della sua Sardegna: «L’innovazione deve avere cuore e gambe, deve cioè essere competitiva, non fermarsi alle nicchie di mercato». Per Edilana lavorano sessanta persone. E poi c’è l’indotto: «Tante realtà locali che stavano chiudendo, si sono riconvertite e continuano a vivere», dice. Proprio qui, in questo angolo di Sardegna, dove una volta la ricchezza erano le miniere. Quella di Montevecchio, chiusa nel ’91, assorbiva gran parte della manodopera. Ora non più. Servono nuove ricette. E Daniela ne ha una: «La crisi non si supera sfruttando i lavoratori o delocalizzando aziende, noi abbiamo scelto una strada diversa e continuiamo a ottenere buoni risultati». Per questo Daniela non ha mai pensato di lasciare la Sardegna: «Abbiamo un’abbondanza che domanda solo di essere impiegata al meglio e il contesto naturale ispira le nostre azioni. Ci hanno chiesto di investire in Europa, ma io resto qui, vorrei solo che chi governa mostrasse più attenzione ai nostri bisogni e alle nostre idee».

Domenico Cristofaro di Ecoplan - foto...
Domenico Cristofaro di Ecoplan – foto di Alessandro Penso (OnOff)

La Piana della bellezza
Le olive e la testardaggine calabrese hanno fatto la fortuna di Domenico Cristofaro. Suo padre morì che lui era ancora un bambino. Era un sarto iscritto al Pci, che animava i dibattiti della sezione del partito. Da lui ha ereditato la passione per le idee. E così, da adulto, quando un professore universitario gli suggerì di utilizzare la sansa delle olive per produrre lastre per l’edilizia, decise che quella proposta un po’ bizzarra sarebbe diventata il suo mestiere. Adesso ha 48 anni, i capelli grigi, il fisico asciutto di un tempo e la sua azienda, laEcoplan, è diventata un modello studiato dagli ecologisti non solo italiani. Vive a Polistena, nella piana di Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria. Da qui non è mai andato via. E proprio nei feudi delle cosche di ’ndrangheta più agguerrite ha portato la bioedilizia: sfrutta la sansa delle olive per produrre pannelli da costruzione. Già. La polpa, i frammenti del nocciolo e delle bucce, Ecoplan li tramuta in lunghe lamine giallastre riciclabili al cento per cento. Per fare case, soffitti e coperture. E da qualche tempo riutilizza anche la plastica dei pannolini dei bambini. Nell’azienda lavorano quattro persone: «Siamo una piccolissima realtà, ma la nostra esperienza ha riscosso interesse tra le imprese del settore, abbiamo un impianto unico al mondo nel comparto della green economy», racconta Cristofaro. «Purtroppo scontiamo l’arcaico pregiudizio sulle imprese del Sud, alcuni finanziatori, anche stranieri, dopo aver saputo che siamo qui in Calabria non hanno voluto concludere affari».

Fatica doppia, insomma, per un’azienda che ha vinto numerosi premi ed è stata inserita tra le aziende che investono di più nell’innovazione: «Abbiamo realizzato la pavimentazione in plastica riciclata di piazza Giardino di Pero, vicina all’area Expo 2015». E a breve lancerà i banchi di scuola ecologici, di cui il premier Matteo Renzi è già stato informato: «Saranno ecosostenibili e li proporremo alla pubblica amministrazione, che risparmierebbe sul prossimo smaltimento, visto che i nostri pannelli sono recuperabili al cento per cento».

C’è un altro luogo comune sul Sud che Cristofaro vuole sfatare: «I soldi stanziati per le regioni meridionali arricchiscono l’intero Paese, non solo il meridione. Dei due milioni e mezzo che abbiamo ricevuto, oltre l’80 per cento è stato speso al Nord per gli impianti e i macchinari». E aggiunge: «siamo tra i pochi, forse gli unici, ad aver restituito parte del denaro concesso a fondo perduto, più del 35 per cento». Una lezione etica anche per le aziende della piana di Gioia Tauro, aperte da industriali del Nord, e poi dileguate una volta incassato il malloppo di quattrini pubblici.

Monica Ceravolo di Obiki - foto di...
Monica Ceravolo di Obiki – foto di Alessandro Penso (OnOff)

Artigianato made in Napoli
Unire Tokio a Napoli? Lei ci è riuscita. Monica Ceravolo è un’imprenditrice di 36anni che ha saldato la cultura giapponese all’artigianato partenopeo. Calabrese di origine e napoletana d’adozione, capello nero, viso affilato, dolce ma decisa, ha avviato una start up di fashion design nella città dove i sarti producono opere d’arte con ago e filo. Lei ha scelto di inventarsi borse artigianali, ognuna diversa dall’altra e tutte in pelle rigorosamente italiana e seta giapponese, la stessa dei celebri kimoni. Obiki è il nome del marchio: «Ho vissuto in Giappone per molto tempo, lì è nato il progetto Obiki, che significa “indossare l’obi” la tipica cintura a fascia giapponese che stringe il kimono ai fianchi», spiega Monica. Così si è messa alla ricerca di artigiani capaci. «Non è stato facile, è un mestiere antico che sta scomparendo, ma dopo una lunga selezione ne ho scelti due con i quali lavoro ancora oggi».

La scommessa di Monica è puntare tutto sul made in Italy. Si affida a maestri che creano solo pezzi unici e il mix di lavoro manuale e antico delle pelli con l’innovazione dell’idea è stato premiato al Mipel 2012, la più importante fiera di pelletteria italiana, dove Obiki è stata selezionata come migliore start up. Vende a Napoli, dove ha un “corner” nella pellicceria Rubinacci, e sull’isola di Ibiza nel lounge bar “Chilometro 5”. Poi è nato pure un negozio on line. Con una sfida doppia: farlo a Napoli e in quell’Europa invasa da merce contraffatta o di qualità pessima a basso costo: «Fare l’imprenditrice in Italia non è facile, al Sud ancora meno», racconta. «C’è la burocrazia asfissiante e ci sono le tasse troppo alte per i giovani che vorrebbero mettersi in proprio, tanto che anche se hai molte commesse, spesso i costi superano i ricavi. È un inferno. Ma restare in Italia, e al Sud in particolare, è una grande sfida. Qui c’è passione, talento, più che altrove».

 

Fonte: L’Espresso

L’allarme di PeaceLink: “Diossina anche nei bovini”

“Statte, Taranto e Massafra, il triangolo della contaminazione”, denuncia Alessandro Marescotti

“A Taranto si aggrava e si allarga la contaminazione da diossina. La diossina è infatti arrivata a Massafra (un comune che dista una quindicina di chilometri da Taranto) e per la prima volta colpisce i bovini.

La marcia contro l’inquinamento del 6 aprile da Statte a Taranto si carica così di altra indignazione per lo scoppio di una nuova emergenza: i bovini alla diossina scoperti a Massafra.

Il trilatero Statte-Taranto-Massafra è diventato il “triangolo della diossina”.

Le analisi sono state effettuate dall’Istituto Zooprofilattico di Teramo, in seguito ai prelievi effettuati dalla ASL su un allevamento di Massafra.

Avendo accertato per la diossina il superamento dei limiti di legge nel latte di mucca, ora si procederà all’analisi della carne.

Dopo gli ovini sarà la strage dei bovini?

E’ molto probabile infatti che nelle carni dei bovini i valori della diossina saranno molto più alti, come ha insegnato l’esperienza delle pecore, nelle quali i valori riscontrati sono risultati anche dieci volte superiori rispetto al latte.

Da tempo PeaceLink chiedeva alla Regione Puglia il controllo della diossina sulle carni macellate senza ottenere però che venisse effettuato. Eppure il tavolo tecnico regionale per la diossina conveniva sull’opportunità di un simile controllo sui macelli.

Ora si dovrà procedere alla misurazione della diossina nelle carni bovine e questo è un passaggio importantissimo al fine di verificare la sicurezza alimentare di un settore rimasto fuori dai controlli diretti sulla carne, limitatisi fino ad ora solo alla carne di pecore e capre risultate positive al controllo della diossina sul latte.

Da tempo chiedevamo alla Regione che il controllo andasse fatto prima sulla carne e poi sul latte, in quanto la carne è più contaminata del latte. Controllare viceversa prima il latte e poi in subordine la carne era a nostro parere una procedura non corretta che avrebbe potuto tenere fuori dai controlli capi contaminati nella carne e non nel latte, restringendo i controlli ai capi positivi sia al latte sia alla cane.

Il fenomeno che ci fa riflettere è la contaminazione transgenerazionale. Le mucche sembrano aver trasmesso anche ai vitellini la diossina che trattengono come carico corporeo elevato, e tramite l’allattamento dei vitellini si sta determinando una catena di contaminazione a ciclo continuo. Sta avvenendo qualcosa di drammatico e infernale che trasmette di generazione in generazione un avvelenamento chimico che rischia di distruggere un pezzo pregiato dell’economia locale, la cui filiera comprende anche le mozzarelle e i pregiati formaggi di mucca locali. Fino ad ora a rischio era stato solo il pecorino.

Sarà importante verificare come è avvenuta la contaminazione e se abbia giocato un ruolo il fieno raccolto attorno all’area industriale.

L’area di venti chilometri interdetta al pascolo deve essere bonificata e chi ha inquinato deve pagare.

Non e’ superfluo ricordare che a Taranto e’ stata chiusa la centrale del latte per ragioni economiche e alcuni hanno visto in questo anche la paura della diossina che ha portato molti a scegliere di comprare marche nazionali”.

Fonte: Corriere di Taranto

Dalla diossina alla canapa, oggi la semina. Fornaro: “E’ un giorno di festa”

“Per noi è una giornata di festa, finalmente si ricomincia”Vincenzo Fornaro non nasconde il suo entusiasmo mentre è in corso un evento dal grande valore simbolico: la semina della canapa su tre ettari di terreno. Protagonista di questa storia di riscatto è la masseria Carmine, reduce da anni dolorosi a causa dell’abbattimento di circa 600 capi di bestiame contaminati da pcb e diossine provenienti dall’Ilva.

La semina è avvenuta sotto un cielo nuvoloso, che ha offerto anche qualche goccia di pioggia  (noi vogliamo interpretarla come una benedizione),  davanti agli occhi di un folto gruppo di cittadini sensibili alle tematiche ambientali e felici di poter condividere con la famiglia Fornaro l’inizio di questa nuova sfida.

Si punta sulla canapa, una pianta che ha proprietà disinquinanti e molteplici utilizzi: dalla bioedilizia al tessile, senza dimenticare l’uso alimentare e farmaceutico. Il primo raccolto è previsto a settembre. Poi, in base ai risultati delle analisi che si faranno sul prodotto ottenuto, si deciderà su cosa orientarsi. Ma quello di oggi non è stato solo il primo passo di un nuovo cammino. Ha rappresentato anche un’inedita occasione per ritrovare il sorriso. Ed è soprattutto di occasioni come queste che i tarantini hanno bisogno.

Fonte: InchiostroVerde.it

Cittadella dello sport: Taranto Futura presenta il progetto

All’insegna dello spirito spartano che ci appartiene e che ci portiamo dentro in maniera innata e istintiva e che piano piano si è diffuso per tutto il mondo, si è svolta la Conferenza Stampa organizzata da Taranto Futura presso il Magna Grecia in via Zara oggi alle 18.00.

L’Avvocato Nicola Russo Presidente del Comitato, ha presentato il progetto della Cittadella Spartana dello Sport; Taranto Futura già tempo fa ha invitato l’Ing. Boldoni che si occupa di dilettantistica, a interessarsi alla città di Taranto e soprattutto al calcio, affinchè si recuperi l’entusiasmo per la nostra squadra e che possa risalire in serie B.

Questo progetto è l’occasione ottimale per risollevarci, in quanto abbiamo tutte le possibilità per farlo: lo sport può dare davvero un grosso contributo all’aspetto economico-culturale di una città, può essere quel valore aggiunto definitivo e caratterizzante.

L’Amministrazione comunale ha accolto appieno il progetto nella rappresentanza degli assessori Francesco Cosa e Gionatan Scasciamacchia, rispettivamente assessori alla Pianificazione Urbanistica-Edilità, Area Vasta, Condono e allo Sport, in quanto per il Comune il progetto è a costo zero, dato che all’insegna della legalità e trasparenza, sarà bandita una gara d’appalto per il finanziamento.

Presenti, nonché interessati al progetto, anche il Presidente della Camera di Commercio di Taranto Luigi Sportelli, l’Università di Taranto e l’Università Bocconi, oltre a tutte le associazioni tarantine che rappresentano lo spirito spartano di ogni cittadino: tra queste Taranto Libera che attraverso varie slide ha mostrato quanto lo spartano sia diffuso nel mondo, l’importanza dello “Spartan Race” gara mondiale in cui si misura il valore e la prestazione di uno “Spartano”, svolta in tutto il mondo secondo un calendario, in Italia paradossalmente a Roma piuttosto che a Taranto.

La Cittadella Dello Sport di Taranto sorgerà nei pressi del Palafiom alla Salinella, nell’ampio spazio di terreno circostante.

Fonte: PassioneRossoblu.com

 

Spalluto: «I comitati al posto delle circoscrizioni. A costo zero»

Dopo la riforma che ha cancellato i Consigli, il capogruppo di Sds rimarca l’importanza di costituire organismi con analoghe funzioni

«Dopo la cancellazione dei Consigli circoscrizionali, è arrivato il momento di provvedere alla costituzione di un organismo gratuito con analoghe funzioni».

Il capogruppo Sds in Consiglio comunale, Alfredo Spalluto, rimarca l’importanza di “ricostituire” le circoscrizioni – dopo la recente riforma – come «anello di congiunzione tra cittadino e Amministrazione civica anche se in forme più ‘leggere’ e soprattutto a costo zero, senza prevedere indennità e rimborsi lavorativi».

«La proposta di regolamento delle circoscrizioni territoriali – ammette lo stesso Spalluto – è all’ordine del giorno della Commissione Affari Generali da troppo tempo».

A tal proposito, il capogruppo Sds ha sollecitato il consigliere comunale Michele De Martino – in qualità di presidente della stessa Commissione Affari Generali – affinchè si inserisca al più presto la proposta di regolamento all’ordine del giorno del Consiglio comunale.

«Il Consiglio – spiega Spalluto – deve costituire dei comitati semplici e snelli, composti da rappresentanti delle realtà sociali dei quartieri, presieduti da un rappresentante dello stesso Consiglio, in modo da garantire la rappresentatività delle forze presenti».

Tra i compiti previsti dai comitati, quelli di «favorire le attività socio-assistenziali a vantaggio di indigenti e cittadini deboli; svolgere attività integrativa per l’infanzia e servizi parascolastici quali soggiorni estivi, animazione pomeridiana, supporto all’educazione di famiglie in difficoltà, ma anche ospitare presìdi della Polizia Locale, attività culturale e sportiva».

Quanto alle sedi dove dislocare i nuovi organismi – conclude il capogruppo Sds – si potrebbe «guardare a quelle vecchie, senza però uso esclusivo, in quanto sulla base di regole decise dal Consiglio comunale, i comitati dovranno garantirne l’uso temporaneo, a costi vantaggiosi, alle associazioni culturali, politiche e di promozione sociale del quartiere purché non animate da fini speculativi».

Fonte: Corriere di Taranto

Trasporto oncologico sospeso: i lavoratori protestano

Domani  dalle 10 alle 14, davanti alla sede del Consiglio regionale pugliese, 44 operatori del trasporto oncologico di Taranto, hanno indetto un nuovo sit-  in di protesta. Il servizio di trasporto oncologico è stato sospeso  il 31 gennaio scorso. I manifestanti chiederanno un incontro urgente all’assessore alla Sanità Elena Gentile per sollecitare “la riattivazione immediata del servizio di Taranto e provincia e riassunzione degli operatori”.

Il portavoce Alfonso Alfano chiede in una nota “la riassunzione degli operatori del servizio licenziati in maniera illegittima dalla direzione dell’Asl di Taranto”.

Fonte: PassioneRossoblu.com

Salinella, quale futuro per il pattinodromo?

Non c’è aggettivo adatto a definire ciò che è accaduto negli scorsi giorni durante i preparativi, come da tradizione tarantina, per i festeggiamenti in onore di San Giuseppe. La settimana scorsa, diverse strutture quali il pattinodromo della salinella (nei pressi della palestra “Ricciardi”) , la Scuola Edile ed il parco del Mirto (zona Paolo VI) sono state deturpate da alcuni “concittadini” per recuperare la legna da adibire a “mega costruzioni” in legno.

San Giuseppe, nella tradizione popolare, è il patrono dei lavoratori ma nella cultura contadina, questa ricorrenza si è caricata anche di un significato legato ai riti pagani della purificazione. Di qui, la consuetudine di allestire enormi falò, con cataste di legna. Con la festa di san Giuseppe, viene salutato definitivamente l’inverno dando così inizio alla primavera.

Del resto, il fuoco ha sempre rappresentato l’immagine del rito di passaggio tra le stagioni fredde e quelle calde dell’anno. Il potenziale distruttivo, generalmente associato al fuoco, non sempre è indice di evento negativo o luttuoso; al contrario, indica un evento positivo, in quanto rappresenta la distruzione di tutto ciò che terrorizza e angoscia una comunità.

Nel nostro quartiere, purtroppo, sembra che la tradizione abbia lasciato il passo ad una mera occasione di “festa di pochi” che nulla ha a che fare né con il sacro, né con il profano.

Chi è potuto transitare sul luogo dov’è stato realizzato il falò, ha potuto notare che oltre ai mobili vecchi, vi era un enorme cumulo di rifiuti tossici e di immondizia pronti a prendere fuoco e sprigionare fumi nocivi. Inoltre, nei giorni precedenti alla manifestazione, è stato smantellato una buona parte del pattinodromo situato nei pressi della palestra “Ricciardi”. Le varie pedane di legno sono state completamente divelte e trasportate nei luoghi delle mega costruzioni.

Come testimoniano le immagini e gli articoli della stampa locale, oltre metà struttura è stata presa d’assalto. Il pattinodromo, nelle ultime settimane, era sotto osservazione del Comune di Taranto e dell’assessore allo sport, Gionatan Scasciamacchia. Quest’ultimo aveva pubblicamente annunciato, tramite un bando, l’avvio per la manifestazione d’interesse per l’utilizzo dell’impianto sportivo.

L’ingente danno provocato alla struttura, stimato in alcune migliaia di euro, si ripercuoterà sicuramente in maniera negativa sul percorso di affidamento dell’impianto.

Questi eventi evidenziano, ancora una volta, come negli stessi residenti dei quartieri “periferici” della città (Salinella, Tamburi, Paolo VI e città vecchia) manchi una coscienza ed un senso civico dal quale partire per un reale cambiamento del modo di intendere e di vivere il proprio quartiere.

Anziché tutelare e valorizzare quel poco di buono che la pubblica amministrazione ha lasciato nel quartiere, questi gesti non fanno altro che assecondare le maldicenze ed i pregiudizi sulla nostra realtà come anche nelle altre zone della città.

E’ da qui che bisogna partire per creare un reale cambiamento sociale.