Salinella, «si sparano più bombe perché qualcuno ne parli»

Riportiamo integralmente l’articolo – intervista a Don Giuseppe Cagnazzo realizzata da Francesco Casula e pubblicata sulla Gazzetta del Mezzogiorno il 3 Gennaio scorso:

«Si sparano più bombe perché qualcuno ne parli»

Don Pinuccio Cagnazzo: conseguenza dell’abbandono delle periferie

«E’ un modo per affermarsi, un’occasione per farsi notare per un solo giorno: sparare più bombe o petardi perché qualcuno ne parli e si sappia in giro chi è stato. E’ la strada inversa per dare visibilità alla propria presenza. E’ chiaramente una logica contraria, ma è l’effetto di tanti fattori che si sono intrecciati nei decenni e che oggi appare una matassa inestricabile».

Don Pinuccio Cagnazzo ha 54 anni e da poco più di 4 è parroco alla Sacra Famiglia, la chiesa nel cuore del rione Salinella messo a ferro e fuoco la notte di capodanno: 4 auto distrutte, cassonetti incendiati e esplosioni da conflitto mondiale. La notizia ha raggiunto don Pinuccio mentre era fuori città, ma non lo ha stupito troppo.

«Ma scusate, di che vi stupite? Ognuno utilizza gli strumenti che ha a sua disposizione e fino a quando le periferie saranno utilizzate per metterci dentro ciò che potrebbe disturbare nel salotto buono della città, questi saranno i risultati». Passeggiare sotto i portici a pochi metri dalla chiesa oppure tra i palazzoni di edilizia popolare chiarisce il concetto: per le strade ci sono ancora tracce della guerriglia urbana dell’ultimo dell’anno. Nonostante la pioggia di ieri, si notano ancora i segni lasciati sull’asfalto dalle esplosioni di alcuni petardi. Bombe e fuochi d’artificio, per una notte, hanno messo a ferro e fuoco il quartiere. E poi rifiuti di ogni tipo, sparsi oppure ammassati qua e là.

«La notte di capodanno – spiega don Pinuccio – qualcuno tira fuori alcuni istinti primordiali: in quartieri difficili come la Salinella si vede questo menefreghismo per il bene comune, ma si vede anche quello per la propria persona: io lo so che alcuni vengono alla Caritas a ritirare il pacco dei viveri, ma i soldi per comprare le bombe riescono a trovarli. E’ un po’ come il mito della limousine o del vestito costoso il giorno del 18esimo compleanno o in altre occasioni: nella maggior parte dei casi è fatto da chi il giorno non sa come dar da mangiare ai figli, ma quel giorno ha bisogno di far parlare di sé». Anche la notte di Capodanno è così: qualcuno prova a darsi importanza lanciando petardi, qualcun altro rifiuti dalla finestra, addirittura c’è chi carica la pistola e spara al cielo a mano armata. Perché? Per don Pinuccio è la conseguenza dell’abbandono che vivono le periferie: «Taranto è una città in cui oggettivamente il senso di impunità è particolarmente diffuso: provate a percorrere alcune strade come via Umbria o Cesare Battisti e vi accorgerete che il semplice modo di parcheggiare l’auto in doppia fila è la testimonianza chiara che ci sono ben altri atteggiamenti, meno rumorosi, ma non troppo diversi da quelli della notte di Capodanno. Forse la differenza sta nel fatto che gli effetti di quest’ultima notte sono concentrati in poche ore e quindi, come dite voi giornalisti, fanno più notizia, ma in realtà sono entrambi figli di un senso civico che è quasi morto».

Quasi. La speranza, insomma, non è svanita per don Pinuccio: «Ammetto che a volte si viene colti dalla rassegnazione e dalla sensazione che nulla cambierà, ma non possiamo e non dobbiamo fermarci a questo: nelle periferie non deve rimanere tutto così com’è. Tocca a noi essere protagonisti del cambiamento. Nelle mie omelie parlo sempre di ciò che è bello e ciò che è elegante perché credo che anche alla Salinella sarà la bellezza a salvarci».

Via Salina Piccola, finalmente un nome per il parco

Targa giardini Adele Ficarelli

Ogni tanto qualcosa si muove: il piccolo parco presente in Via Salina Piccola, da sempre individuato come “quello vicino all’ufficio postale”, ha un nome. E’ stato infatti recentemente intitolato ad Adele Ficarelli, staffetta partigiana e dirigente politica, tarantina di adozione.

Nata a Carpi, orfana di padre in tenera età, Adele Ficarelli cominciò a lavorare subito dopo le elementari; staffetta partigiana tra Modena e Carpi, dopo la Liberazione, entrò come operaia nelle Fonderie Riunite. Fu in quel luogo che cominciò la sua vita politica e sindacale: fra il ’48 e il ’49 anche lei fu eletta nella Commissioni Interne alle Fonderie. Fu anche il periodo dove cominciarono i licenziamenti dei sindacalisti in tutte le grandi aziende, perché si volevano fermare le lotte per migliorare le condizioni di vita dei lavoratori Dopo i tragici fatti del 9 gennaio 1950, quando sei operai persero la vita per mano della polizia, Adele fu licenziata. E’ proseguito un periodo di grande impegno politico: è stata funzionaria della FIOM, nel Comitato Federale del P.C.I., ha seguito le lotte delle donne, è poi diventata segretario della Federazione Giovanile, nel periodo in cui Enrico Berlinguer era segretario dei giovani comunisti. Conosciuto Pino Pichierri, che divenne suo marito, Adele scelse Taranto come la sua seconda città e qui svolse un’intensa e appassionata attività politica.

Piazzetta Salina Piccola, appello ai cittadini

Questo il testo dell’appello che abbiamo rivolto lo scorso 22 Luglio ai cittadini del territorio vicino alla piazzetta che abbiamo ripulito con l’Operazione Super Santos. Diamoci tutti una mano!


Cari Concittadini,

Il nostro Osservatorio Permanente Salinella “OPS” ha nei giorni scorsi realizzato in questa piazzetta l’Operazione “Super Santos”, ripulendo il parco per riportare i bambini in piazza e poterli fare “giocare a pallone” come facevamo noi ragazzi 10-15 anni fa.

Abbiamo voluto restituire questo spazio comune a voi e a noi, cittadini del quartiere Salinella, protagonisti e primi attori di questo territorio.

Lo abbiamo fatto il 10 ed il 17 Luglio scorsi, muniti di guanti, buste, zappe e tanta buona volontà.

Purtroppo, serve la collaborazione di tutti affinché questa piazza rimanga fruibile a tutti, e soprattutto veda il suo verde rinascere.

Nella notte tra il 23 ed il 24 di ogni mese, in concomitanza con la pulizia notturna delle strade, quest’area diviene un parcheggio, tra l’altro vietato in quanto nessun mezzo (auto, furgoni, moto) dovrebbe parcheggiare qui, trattandosi di area di verde pubblico.

Per questo motivo questo tratto del parco è divenuto un piccolo “deserto” dove l’erba non cresce più.

Ciò che vi chiediamo è di non accedere a quest’area “verde” con le auto, per permettere al parco di rinvigorire: la natura farà tutto da sé, ma noi cittadini dobbiamo aiutarla.

Grazie a nome dei ragazzi dell’OPS – Osservatorio Permanente Salinella


 

Salinella, quella terra di nessuno

La voglia di riscatto nelle mani del parroco e dei volontari della Santa Famiglia

Di Maristella Massari – Gazzetta del Mezzogiorno – 1 Agosto 2016

 

La strada maestra che porta alla Santa Famiglia punta solo verso la città. Come un tunnel da percorrere in direzione della luce e ritorno. Per la gente della Salinella, il resto di Taranto è “città”, perché il quartiere è altro, non le appartiene, non si sente ramo dello stesso albero. E’ un’idea sedimentata dopo anni di delusioni, abbandono, rabbia verso le istituzioni troppo lontane, troppo distratte. Fin da quando, a metà degli anni ’60, il Comune non decise di mettere in atto un corposo piano di edilizia popolare edificando palazzacci con i tetti rossi spioventi (che fanno a pugni con la vocazione marinara della città) in mezzo al fango, alla polvere e al nulla. Da allora, in quasi 50 anni, non è cambiato molto. Per muoversi tra le vie dei laghi non ci sono traverse. Una di queste, Via Candelli, fu aperta a furor di popolo una decina di anni fa dopo una accesa battaglia tra residenti e amministrazione. E anche se all’ingresso c’è il cartello del senso unico per chi proviene da via Golfo di Taranto, tutti la percorrono in auto contravvenendo al divieto. «Prima o poi – dice con ironia Francesco Settembre, responsabile dell’Osservatorio Permanente Salinella, nato in seno alla parrocchia della Santa Famiglia per monitorare i bisogni e le esigenze dei cittadini – diventerà a doppio senso per usufrutto».

Via Candelli è l’unica che collega la zona del Sestante, le case nuove delle cooperative con i negozi, la posta e la farmacia, alla pancia della Salinella. Chi non ha l’auto si arrangia. O se la fa a piedi, percorrendo un giro di quasi due chilometri, o taglia da una collinetta di terra polverosa in estate e di fango in inverno, scavalcando una recinzione di un terreno abbandonato. Ovviamente per andare a comprare le medicine (a piedi) nella farmacia del Sestante ci vogliono gambe buone. E questo già taglia di netto il 50% dei residenti delle case popolari che hanno superato l’età pensionabile.

Qui, nel cuore popolare del rione Salinella, funziona così. Tutto, anche l’urbanistica e la viabilità, è pensata perché sia e resti un ghetto. Don Pinuccio Cagnazzo, parroco della Santa Famiglia dal 2015, e le sue settemilacinquecento anime, lo sanno bene. Ma sanno anche che – parafrasando Siani – alla Salinella si piange due volte: quando arrivi e quando te ne vai.

Le pecorelle di don Pinuccio e del suo giovane “vice” don Giuseppe Marino, preti di frontiera in un quartiere da battaglia permanente, sono generose, schiette, hanno un cuore grandissimo. E così capita che mentre raccogliamo le testimonianze dei volontari che tengono viva la fiamma della speranza in un quartiere dimenticato da tutti come questo, arrivi qualcuno a portar vestiti usati che un minuto dopo sono già nelle mani dei bisognosi.

Già, il bisogno. Alla Salinella non è solo materiale, ma è anche sociale. Il degrado ha mangiato il cemento dai balconi mai ristrutturati, ma ha anche corroso pericolosamente le regole del vivere civile.

«Il brutto chiama brutto», dice don Pinuccio. E perché questa catena si spezzi, lui ogni mattina scende i quattro scalini della sua chiesa e cammina. I suoi sandali e quelli di don Giuseppe ne fanno tanta, di strada. Entrano nelle case dei detenuti agli arresti domiciliari per una parola di umana misericordia, portano un sorriso alle famiglie che in attesa dell’assegnazione hanno occupato per mesi, in inverno, le case popolari senza che ci fossero ancora le finestre e l’acqua corrente. La croce qui se la portano tutti, così pesa meno. «Venite a vedere queste case – dice don Pinuccio -, guardate negli occhi i miei parrocchiani. Sono case normali e persone normali. La gente della Salinella è solo più arrabbiata. Ce l’ha con l’amministrazione, col governo, con tutti quelli che si sono dimenticati di loro come si fa con un parente scomodo».

Lo Stato è assente. L’unica forma di welfare è la famiglia. «Hanno inaugurato un centro per anziani, che sta chiuso e blindato da settimane – spiega Aldo, un commerciante che dopo un passato burrascoso sta riprendendo dignitosamente in mano la sua vita –. Inaugurano, tagliano i nastri e spariscono. Ma qui prima che agli anziani dovrebbero pensare ai bambini. Alla Salinella ce ne sono tanti perché di figli se ne fanno assai. Questi bambini che fine fanno? Perché nessuno se lo chiede? Non c’è neppure più una scuola nella zona. La prima sta oltre via Ancona, o passata via Golfo di Taranto. Chi non ha la macchina come li porta a scuola i figli? Poi questi bambini stanno tutto il giorno per strada. E la strada mangia, fatevelo dire da me che sono nato qua».

Salinella fa rima con abbandono. Accanto a quello scolastico c’è il disimpegno istituzionale. Chiuse le circoscrizioni, la presenza del “pubblico” si è velocemente defilata dal cuore del rione. Prima le Poste che si spostarono verso la zona del Sestante una decina di anni fa, poi la farmacia, il tabacchino e via dicendo. A presidiare il fortino resta don Pinuccio, con un manipolo di fedelissimi. «Taglia e taglia alla fine questo è diventato un quartiere dormitorio – dice Aldo Cesario, giornalista e volontario in parrocchia –. Con Mia moglie Gabriella siamo qui dal ’91 ma le cose sono andate sempre peggio. Manca tutto. Gli amministratori latitano e il quartiere è preda del degrado». L’abbandono è palpabile. Le strade, persino quelle battutissime intorno al mercato, sono ridotte ad un colabrodo. La signora Giovanna, quasi ottantenne, ci mostra le sue ginocchia sbucciate manco fosse una bambina. «Scendo sola per fare la spesa. Accudisco mio marito che ha 86 anni e non esce più. Così tocca fare tutto da sola. L’altro giorno sono caduta qui – dice mostrandoci una voragine nel marciapiedi scavato dall’incuria –, e sono finita sul breccione». Il suo lamento da il “la” al refrain degli insoddisfatti. Le voci sono tante, ma il bersaglio è unico. Piero è uno degli operatori commerciali del mercato coperto. «Mancano i controlli, ci hanno tolto i due mercatini delle pulci, invece di studiare una soluzione che permettesse di continuare a lavorare a noi e a loro. Così ci portano alla fame. E poi si guardi intorno. Le strade sono distrutte. Le blatte ci invadono».

Sul banco degli imputati c’è l’amministrazione Stefàno, colpevole, secondo i commercianti della Salinella, di penalizzare il quartiere relegandolo ad un ghetto. Dalle polemiche alla cronaca il passo è breve. Per decine di isolati non troviamo né un bar, né una salumeria, né una saracinesca sollevata. Oltre i portici di via Lago d’Albano c’è la terra di nessuno. Quella strada che come dice Aldo, “mangia“. Lo spaccio, il fumo, i motorini truccati, in tre sullo stesso sellino, molti cognomi sulle targhette dei citofoni sono gli stessi che finiscono nelle ordinanze della procura. Don Pinuccio non fa una grinza. Sono tutte anime sue, solo più bisognose di attenzioni e di conforto. Pe porte della parrocchia restano sempre aperte per tutti, come ha chiesto il Papa. L’oratorio è una enclave della gioia in un quartiere che sembra aver perso il sorriso. Le grida festose dei bambini sono il segno della speranza, un seme che si porta dentro la promessa del riscatto. «Non lasciamo che muoia – dice don Pinuccio che si appella alla “città” –: aiutateci a farlo germogliare».

Associazione Benefica Fulvio Occhinegro, una realtà tutta da scoprire

ABFO: UNA REALTÀ TUTTA DA SCOPRIRE, VANTO DEL QUARTIERE SALINELLA E DELLA CITTÀ TUTTA.

Di seguito potrete leggere l’intervista ad Andrea Occhinegro presidente dell’Associazione Benefica Fulvio Occhinegro, e al volontario Massimiliano Pagliara. Con poche risorse a loro disposizione ma armati di costanza, volontà e amore per il prossimo, questi, insieme ad altri giovani volontari, hanno dato vita ad un faro di carità nel quartiere Salinella.

1) ABFO Associazione Benefica Fulvio Occhinegro. Una delle realtà “belle” di Taranto. Nata nel 2005 e in prima linea per l’accoglienza dei più deboli e indifesi della città. Andrea, come è nata l’idea di occuparsi di questa realtà?

La nascita è legata ad un evento triste, la morte di mio padre, dopo la quale noi figli, insieme ad altri amici, fondammo quest’associazione dedicandola a lui. Partimmo da un evento luttuoso per trasformarlo in qualcosa di positivo, e la povertà è stato il nostro target. Fondamentalmente ci dedichiamo alla povertà del territorio. Se volessimo definire l’attività, quasi esclusiva dell’associazione, è quella dell’accoglienza e assistenza dei bisognosi, che siano famiglie, o persone senza fissa dimora, quelli sono i nostri campi principali. Ma non solo: quest’estate, per esempio, ci siamo dedicati anche all’aiuto ai migranti.

2) Com’è strutturata l’organizzazione sul territorio e quali sono i servizi offerti?

L’associazione possiede come unica sede operativa la ex scuola Archimede in via Lago di Montepulciano. L’organizzazione prevede l’accoglienza notturna di circa 50 persone senza fissa dimora, dalle ore 20.00 alle ore 8.00, a prescindere dall’accoglienza riservata agli extracomunitari. Abbiamo avuto periodi in cui il numero è calato, altri in cui è aumentato, ma ci attestiamo su queste medie. Parliamo dei senza fissa dimora abituali di Taranto, per i quali è prevista una cena,consistente in pasti provenienti dall’esterno attraverso una rete d’amicizia costituita da pizzerie e panifici, e in una colazione al mattino. Mentre altri servizi gratuiti come doccia, consegna di vestiario, assistenza sanitaria (alcune persone sono sprovviste anche del medico di famiglia),consulenze mediche e legali sono svolti dai volontari del centro di accoglienza notturna.

Poi ci sono servizi legati alle famiglie di Taranto, svolto attraverso la distribuzione di generi alimentari e tramite un consultorio con servizi psicologici, legali, e medici.

Non di meno offriamo anche occasioni di svago per i bambini, mediante una sala ludica, e occasioni per accrescere la propria formazione attraverso una nuova sala convegni recentemente sede di un corso di primo soccorso.

3) Massimiliano, cosa ti ha spinto a prendervi parte?

L’associazione l’ho conosciuta parecchia anni fa in maniera casuale, acquistando un paio di scarpe presso un negozio la cui titolare è una volontaria ABFO. Sia io che mia moglie siamo sempre stati portati per il sociale, pronti a dare, nel nostro piccolo, una mano alle persone che ne hanno bisogno. Ci siamo affacciati all’associazione ABFO e ci siamo accorti che realmente è un’associazione che si occupa di persone che hanno davvero bisogno. Col passare del tempo, con l’aiuto dei volontari -dico sempre che sono la nostra forza- e del presidente, abbiamo iniziato a seminare e grazie a Dio possiamo dire che oggi, grazie all’ABFO che per mia esperienza è un insieme di persone davvero disposte ad aiutare il prossimo, i primi risultati sul territorio iniziano a vedersi. E’ questo che mi spinge ancora oggi a far parte dell’associazione.

4) Andrea quali sono i fondi economici utilizzati dall’associazione?

E’ facile intuire che mantenere tutta questa “orchestra” non è semplice dal punto di vista economico, anche perchè siamo noi a provvedere alla manutenzione di eventuali guasti che,considerando una grandissima utenza, accadono giornalmente. Le fonti economiche della nostra associazione sono costituite dal 5×1000 con cui abbiamo 9000-10000 € l’anno, i quali nonostante siano una cifra importante non sono sufficienti a gestire tutto. Gli unici fondi pubblici provengono dal bando “Pronto Intervento Sociale” vinto dall’associazione qualche anno fa grazie al quale riusciamo a garantire alla città un intervento di natura sociale h24 ogni qualvolta i servizi civili del comune non sono disponibili (ad es. durante le festività, durante la notte, ecc…). Inoltre esiste una convenzione stipulata con la prefettura di Taranto, riguardante l’accoglienza degli extracomunitari, il cui termine è previsto entro il primo dicembre 2014 salvo proroghe. I fondi garantiti da tale convezione, i quali ufficialmente provengono da Roma, prevedono 27.50 €/giorno per ogni persona. Naturalmente solo una piccola quota di questa somma, pari a 2.50 €, viene percepita direttamente dagli extracomunitari, mentre il resto è desinato a tutte le cooperative e associazione, quali la caritas, aderenti alla convenzione e che devono garantire h24 tutta una serie di servizi. Ovviamente questi servizi offrono la possibilità di assumere delle persone ed è questo per me l’aspetto più importante. Difatti abbiamo potuto assumere 10-15 persone selezionate tra le famiglie povere che seguivamo, dando loro l’opportunità, per tre-quattro mesi, di ricevere un piccolo stipendio. Persone che fino al giorno prima non ricevevano nulla. Ecco come si è raggiunto un duplice scopo. Ma di fatto tutto questo è realizzato senza fondi pubblici (la convenzione con la prefettura riguarda solo l’accoglienza degli extracomunitari e non il centro di accoglienza notturno o l’assistenza alle famiglie, attività completamente gratuite). Lo dico perchè è un dato di fatto. E’ stata anche una nostra scelta quella di non ricevere fondi pubblici nonostante a livello comunale abbiano pensato che sarebbe stato giusto fornire dei contributi. Infatti facendolo gratis abbiamo la possibilità di dimostra che lo facciamo perchè lo vogliamo fare. Se ci fossero stati finanziamenti avremmo rischiato che tante altre associazione, non mosse dagli stessi fini, si sarebbero catapultate pur avere accesso a questo denaro. Basta girare su internet per farsi un’idea dei costi dei centri di accoglienza notturni come il nostro. Arrivano a costare mediamente intorno ai 500000-600000 €/anno, soldi che la città sta risparmiando.

5) Quest’estate vi ha visti protagonisti nell’emergenza immigrazione. Insieme a centinaia di volontari avete accolto queste famiglie e questi ragazzi. Come è stata strutturata l’assistenza?

Rispetto a tutte le altre strutture, come la Ricciardi o l’ex mercato del rione Tamburi, eravamo già organizzati, ed è stato un po’ più facile. Avendo dato alla Prefettura la disponibilità all’accoglienza anche di donne incinte e bambini piccoli, non abbiamo puntato sui grandi numeri, ma abbiamo cercato di garantire un certo livello di qualità, arrivandone ad ospitare 20-35 persone a differenza del grande numero di persone ospitate in altri luoghi. Senza dubbio la gestione di un così piccolo numero è stato anche più facile rispetto a tutti gli altri centri, ma non sono mancate le difficoltà avendo anche bambini di pochi mesi, nati durante il viaggio.

6) Quali altri difficoltà ci sono state?

Le donne incinte per esempio, alcune delle quali richiedevano di esser seguite attentamente dal punto di vista sanitario, con visite periodiche in ospedale, senza contare le donne che avevano minacce di aborto. Insomma, portare le gravidanze a termine non è stato semplice. In particolare ricordo il caso di una ragazza che ha partorito all’ospedale di Taranto, ma che per circa un mese è stata ospite di una nostra volontaria. Notizia che peraltro ha avuto anche risalto nazionale.

Nessuna difficoltà, invece, a collaborare con le autorità cittadine. Tranne per primi giorni in cui è scattata l’emergenza, il comune ha fornito la massima disponibilità, nonostante avessimo nostri medici e ci fossimo organizzati anche per il cibo.

7) Massimiliano, come valuteresti la risposta da parte degli abitanti del quartiere?

Molto positiva da tutti i punti di vista. Personalmente non me l’aspettavo. Le donne del quartiere che son venute per interessarsi di tutto ciò che era necessario, dal cibo all’abbigliamento, fino a prestarsi per svolgere attività varie. E col passare del tempo, c’è stata una risposta anche dei mariti venuti per chiedere se potevano essere d’aiuto all’interno della struttura e che tuttora proseguono a fornire beni presentandosi periodicamente nella struttura.

8) E la risposta da parte della Parrocchia?

Dalla parte del parroco don Pinuccio e della parrocchia Santa Famiglia c’è stata immediatamente la più completa disponibilità, soprattutto per quanto riguarda l’impianto sportivo messo a disposizione tutti i giorni per svolgere attività fisica, cosa molto gradita ai ragazzi, senza contare la disponibilità ai momenti di preghiera in struttura e la donazione di capi d’abbigliamento da parte dei parrocchiani. Importantissimi anche gli efficaci avvisi letti al termine delle messe, grazie ai quali la gente si recava a portare assistenza.

9) Andrea quali sono i progetti futuri dell’associazione?

Il nostro obiettivo sarà quello di ristrutturare meglio la sede con l’aggiunta anche di un ambulatorio medico di base entro Natale. Quando siamo entrati nel gennaio 2013, abbiamo trovato questa struttura comunale utilizzata dalla provincia come scuola, in condizione pessime: maniglie e serrature del tutto assenti, bagni che non esistevano. Il comune aiuta in minima parte intervenendo qualche volta nei lavori riguardanti il riscaldamento o l’impianto idraulico.

Inoltre vorremmo coinvolgere la parrocchia Santa Famiglia nelle attività svolte nel nostro consultorio. Se dovessero arrivare fondi europei per ristrutturare la struttura ben venga. Ma per adesso andiamo avanti così.

10) Andrea, secondo te è sostenibile questo tipo di accoglienza dedicata alle migliaia di extracomunitari diretti verso il nostro Paese?

Ti rispondo contro corrente: No, per quanto mi riguarda, il governo italiano ha fatto una serie di errori a mio avviso grossolani. A partire dalla scelta di Taranto, una città che ha già una crisi grandissima, come luogo in cui inviare migliaia di persone. Certo moltissime sono poi partite, però di fatto il governo italiano dovrebbe ricordarsi di Taranto per i problemi che ha, non solo perchè la considera strategica per il discorso industriale e per l’accoglienza degli immigrati. Ripeto, noi abbiamo dimostrato di aiutare e di voler aiutare in futuro gli immigrati poichè obiettivamente se sono persone bisognose noi siamo nati per aiutarli e li aiuteremo per tutta la vita. Però, che il governo italiano decida di riservare solo a due-tre città in Italia il compito di affrontare questa emergenza non è né corretto né giustificabile. Il problema è troppo grande per essere affrontato solo da pochissime città italiane. A mio parere, la soluzione ideale consisterebbe in un impegno da parte di tutte le città italiane, o come auspico il governo dovrebbe imporsi a livello europeo. Siccome no ha una forza tale da imporsi a livello europeo, l’Europa scarica l’Italia e quest’ultima fa queste scelte a mio avviso sbagliate . Purtroppo non credo di poter cambiare idea su questo fronte . Un conto è l’amore che noi abbiamo dimostrato non solo come associazione ma come città di Taranto, di cui dobbiamo essere orgogliosi.

11) Quale sarà il futuro delle persone ospitate nel dormitorio?

Lì ci sono problemi riguardo il loro inserimento sociale. Prima di ottenere la struttura del dormitorio seguivamo i senza fissa dimora per strada e onestamente i risultati erano estremamente ridotti (1 su 100 veniva reinserito). Fortunatamente ora la percentuale è in aumento. Grazie alla sede abbiamo seguito queste persone in una maniera più attenta e vicina rispetto al passato osservando diversi casi di persone che, prive di tutto e residenti presso la nostra struttura, si sono reinserite nella società mediante alcuni lavoretti. Tutto questo grazie all’aiuto degli amici, dei volontari e del presidente. Molte donne, ad esempio, assunte come badanti hanno avuto la possibilità di lasciare il dormitorio e trasferirsi in un piccolo appartamento in affitto. Oppure tanti ragazzi che si sono inseriti in un contesto lavorativo, come piccole ditte edili o aziende di pulizie, potendosi anche loro permettere dei piccolo appartamenti in affitto. Fra l’altro, molti di loro avevano dei diritti di cui ignoravano l’esistenza. Alcune persone avevano maturato la pensione, ma non ne erano a conoscenza ed erano costretti a vivere per strada da due o tre anni. Nel momento che le seguiamo tutti i gironi, l’aiuto non si limita al letto e a un pasto caldo. Questi sì sono aiuti importanti, ma rappresentano solo l’inizio. Standoli vicino si conoscono le loro storie e si fa di tutto per aiutarli.

12) Di cosa ha bisogno l’associazione in questo momento?

I generi alimentari a lunga conservazione sono sempre ben accetti. Purtroppo non diremo mai che è sufficiente quel che abbiamo.

Le tue idee per Taranto

Il Comune di Taranto chiama e la Salinella non risponde

Il Comune di Taranto decide di incontrare il quartiere Salinella ma sembra essere un urlo nel deserto.

Il 17 Ottobre 2014 presso l’auditorium Santa Famiglia si è tenuto l’incontro dal titolo “ Le tue idee per Taranto”.

Dal giorno 4 Luglio 2014 il Comune di Taranto ha deciso di incontrare gli abitanti di ogni singolo quartiere della città di Taranto. Il 17 Ottobre è toccato al quartiere salinella che puntualmente si è dimostrato non interessato verso queste iniziative.

In tutto questo però ci sono sempre le eccezioni che permettono di non far morire quella parola chimata speranza per un quartiere migliore. Stiamo parlando di alcuni giovani della parrocchia che presi per mano e guidati da alcuni moderatori hanno partecipato attivamente e portato a termine l’incontro.

L’incontro era diviso in varie fasi; nella prima fase ogni abitante doveva esporre le problematiche che secondo lui affliggono il quartiere. Nella seconda fase si doveva pensare a come risolvere queste problematiche. Nella terza fase invece si doveva pensare a quei servizi che mancano nel quartiere e nell’ultima fase pensare a come trovare le risorse per mettere in pratica le idee e le iniziative per rilanciare il quartiere.

L’intera platea si è attivata subito e da subito sono arrivati suggerimenti. Questi suggerimenti avvenivano attraverso dei post-it che ogni partecipante doveva dare al moderatore che con una grande capacità di sintesi doveva creare uno schema dove racchiudere tutti i suggerimenti.

Secondo voi quale fase è stata la più partecipata? Se avete risposto la prima allora avete passato almeno una giornata della vostra vita alla Salinella.

Il quartiere Salinella è un quartiere purtroppo lasciato a se stesso. Se il Comune potesse fare a meno di questo quartiere non ci penserebbe su due volte. I problemi sono svariati ma vorrei ricordarne un paio, i più “votati”; randagismo, mercato della domenica con relativa sporcizia, assenza delle forze dell’ordine per non dimenticare le buche nelle strade che sono ormai un pericolo costante e quotidiano per quei guidatori temerari che decidono di avventurarsi al quartiere salinella.

Nelle altre fasi si può immaginare soltanto quali siano state le idee proposte. Ad esempio per risolvere il problema del randagismo si potrebbe fare dei corsi per sensibilizzare la gente a sapersi relazionare con gli animali senza farsi prendere dalla paura, oppure creare un portale collegato alle forze dell’ordine dove segnalare in modo istantaneo tutto ciò che non va così da facilitare un pronto intervento nei giorni di maggiore confusione; idee che verranno poste all’attenzione degli organi competenti.

In tutto questo dov’erano gli abitanti della Salinella???? Ci si lamenta, ma poi quando c’è una possibilità se pur piccola di partecipazione preferiamo non sporcarci le mani.

Se vogliamo che il quartiere migliori allora dobbiamo essere noi i primi a volerlo a prescindere da chi amministra la cosa pubblica e denunciare ciò che non va bene, ciò che fa male alla nostra terra ed evidenziare tutte le potenzialità ed i pregi del quartiere e dei suoi abitanti.

Un quartiere che con le nostre idee e l’attiva partecipazione di tutte potrebbe essere di impulso per gli amministratori in modo tale da poter offrire, in un recente futuro, tanti di quei servizi che adesso non ci sono e che potrebbero migliorare la qualità della vita ed inculcare nell’animo di tutti un maggiore senso civico per il bene comune.

Oratorio Anspi Salinella

OPS, TORNA L’ORATORIO DELLA PARROCCHIA SANTA FAMIGLIA

Con il riprendere delle attività riprende anche l’oratorio. La comunità è chiamata a partecipare.

Arriva l’inverno con le sue tradizioni e il solito freddo. Come combattere questo freddo? FACILE vieni in Oratorio e la parola freddo si trasformerà in caldo asfissiante.

A te genitore che vai sempre di fretta e la domenica è il tuo unico giorno di riposo perchè non dedicare parte di questo tempo libero insieme a tuo figlio e alla tua famiglia accompagnandolo in parrocchia e incoraggiarlo nel gioco e nelle attività sportive.

Da quest’anno l’oratorio ospiterà tutti i ragazzi dai 6 ai 14 anni, il mercoledì pomeriggio dalle 18 alle 20 e la Domenica mattina subito dopo la messa delle 10:30 intorno alle 11:30 fino alle 12:30. Le attività saranno sempre svolte presso il centro socio sportivo parrocchiale (struttra adiacente alla parrocchia).

Le giornate sono state pensate in questo modo; il mercoledì i ragazzi seguiranno un percorso che li guiderà alla scoperta del mondo attraverso i metodi semplici ed educativi di un grande sacerdote e simbolo dell’oratorio; San Giovanni Bosco. La domenica invece è la giornata pensata per il gioco dove tutti I campi parrocchiali vengono aperti e non c’è nessun cancello chiuso. Ai ragazzi è data la possibilità di giocare a tutti gli sport che la struttura propone come ad esempio calcio, volley, basket, tennis, bocce e ballo. Ogni lunedì invece alle 19:30 si incontreranno tutte quelle persone, volontari che vogliono dare una mano per farsì che da due giorni si possa passare a tre, quattro, cinque giorni la settimana.

Se vi state chiedendo chi seguirà i vostri ragazzi non abbiate paura, perchè ci sono un gruppo di volontari tra cui mamme e giovani volenterosi che seguiti da Don Giuseppe Marino (Vice Parroco) renderanno queste giornate fredde, indimenticabili.

In conclusione, pensiamo che ad ogni ragazzo debba essere data la possibilità di esprimersi e socializzare e non c’è modo migliore per questo che incontrare nuovi amici e vivere attivamente nella propria comunità.

Per ulteriori informazioni rivolgersi al Vice parroco Don Giuseppe Marino.

WE ARE THE CHAMPIONS!

Una notte da ricordare, una notte per ripartire

La storia di un tripudio. Avete presente quando il Real Madrid dopo aver battuto l’Atletico in finale ha sfilato nella tribuna dello stadio “Josè Alvalade” di Lisbona per ritirare la Champions League appena vinta? E’ accaduta esattamente la stessa cosa.

Alle 20.29 del 25 ottobre 2014 l’animatore della serata organizzata dall’Ufficio Missionario in collaborazione con la pastorale giovanile diocesana di Taranto, annunciava che fra tutti i gruppi giovanili delle parrocchie della diocesi di Taranto il più bello, il più significativo, quello che rappresentava meglio il tema della serata intitolata “Periferie cuore della missione” era quello realizzato dai giovani della nostra parrocchia, la Santa Famiglia, in Salinella. E così, noi giovani del quartiere abbiamo sfilato in un tripudio di esultanza e battimani fra la platea festante fino al palco su cui ci ha accolto il vescovo, Mons. Filippo Santoro, che si è congratulato consegnandoci, come riconoscimento per il primo premio conquistato, una targa ricordo.

Lo striscione raffigura un cuore diviso in quattro parti da una croce che rappresenta il modo concreto attraverso il quale Gesù ci ha amati. All’interno del cuore, nei quattro spazi, abbiamo disegnato i luoghi simbolo del nostro quartiere (stadio, parrocchia, mercato e centro accoglienza ABFO) nei quali ci proponiamo di essere testimoni dell’amore di Dio.

Il motto che abbiamo pensato riassumeva questo disegno: “La nostre missione più bella annunciare Gesù alla Salinella”.

Sappiamo molto bene di vivere in un quartiere difficile ma questo non ci ha mai spaventato. Il nostro impegno non è legato soltanto alle quattro mura della parrocchia ma, come ci chiede il Papa, siamo stati sempre pronti ad uscire per tendere la nostra mano in tutte quelle situazioni di buio, di difficoltà, di morte, perché possano essere trasformate in luoghi di luce, serenità, vita. Ci rendiamo conto che annunciare il Vangelo vuol dire dare segni di concretezza nel territorio in cui viviamo e che amiamo. Per questo motivo, grazie al supporto dei nostri sacerdoti, sono nate le varie realtà di servizio al quartiere (oratorio, Caritas, la scuola calcio per i più disagiati, l’OPS – Osservatorio Permanente Salinella, ecc). Questo è un impegno che già da tempo abbiamo preso e che, con l’aiuto di Dio, in diversi ambiti sta portando i suoi frutti. Ma non possiamo permetterci di cullarci sui risultati ottenuti: il nostro quartiere ha bisogno di giovani desiderosi di lottare per un cambiamento di rotta che sia definitivo.

Christian Cesario

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