Dal grigio al colore, per una Pasqua di speranza

Il cielo grigio, la pioggia che minaccia di cadere a ogni ora del giorno, insomma, il classico clima da Settimana Santa. Ma quest’anno, come non bastasse, c’è da aggiungere anche un freddo intenso, pungente, un vento che sferza i volti di tutti, decisamente atipico per la metà di aprile. Come si usa dire nel gergo popolare, sembra che questo tempo si adegui alle emozioni e sensazioni che sono nel cuore dei fedeli, dei pellegrini, dei ‘perdun’. Nel grigio complessivo di questi giorni e, verrebbe da dire, di questo ultimo periodo della nostra storia, un  vero e proprio vortice di colore emerge dalla periferia, a volte dimenticata e bistrattata, il quartiere Salinella e la sua parrocchia, la Santa Famiglia. Colore che spicca dal nuovo portone e dalla nuova immagine della Famiglia di Nazareth che “illumina” la piazza di Via Lago di Garda antistante la chiesa e che, come detto dal parroco don Giuseppe Cagnazzo durante l’omelia della messa in Coena Domini nella sera del Giovedì Santo, “deve essere metaforicamente un punto di partenza da cui partire per “colorare” la nostra società, per ripartire con un nuovo impegno sociale, per alzare la testa contro le reali ingiustizie dei nostri tempi“.

 

Una comunità, quella della Salinella, viva più che mai in questo periodo pasquale, con tanti giovani e adulti impegnati nella buona riuscita delle attività e delle funzioni religiose organizzate.

 

A partire proprio dal  freddo Giovedì Santo, con la messa in Coena Domini in una chiesa stracolma e con il sempre emozionante rito della Lavanda dei Piedi, estesa, sull’esempio di papa Francesco, anche alle donne e ai bambini (il più piccolo di appena un anno). Se in un primo momento è stato il celebrante a “lavare” i piedi ai fedeli, successivamente alcuni parrocchiani hanno ripetuto lo stesso gesto ad altri a testimonianza dell’espressione evangelica “Io vi ho dato un esempio perché facciate come io ho fatto a voi” (Gv 13, 15). Altro simbolo di questo giorno in cui si ricorda l’ultima cena è il pane della condivisione consegnato a tutti i fedeli e da consumare in famiglia.

 

E mentre alla Salinella si chiudeva il portone della chiesa dopo l’Adorazione Eucaristica comunitaria davanti all’altare della reposizione, dalla parte opposta della città, nel borgo antico, si apriva quello della chiesa di San Domenico, dando il via, tra due ali di folla, alla tradizionale Processione dell’Addolorata, conclusasi poi nel primo pomeriggio del Venerdì Santo.

 

E anche nel giorno della morte del Signore il cielo non ha dato tregua con una pioggia fitta che ha ritardato l’avvio dell’altra processione storica della città di Taranto, quella dei Misteri, che ha preso il via con un ritardo di ben 2 ore. Nonostante tutto, tanti sono stati i turisti e i tarantini stessi che hanno invaso il centro della città. Una processione emozionante, intensa, con il sottofondo struggente delle marce funebri. Ma una processione dei contrasti, con ancora troppi spettatori passivi e irrispettosi della fede e della partecipazione altrui a questo rito che, va sempre ricordato, è innanzi tutto una manifestazione di fede e una forma di penitenza, anche fisica. La lenta nazzicata dei perdoni va avanti per tutta la notte, il freddo inizia a placarsi solo con le prime luci dell’alba, forse il momento più emotivamente coinvolgente per i fedeli, in cui il suono della troccola emerge nel silenzio della notte. Il sabato mattina si presenta con un cielo finalmente limpido e sgombro di minacce e con una Piazza Giovanni XXIII affollata in attesa del rientro della processione, del troccolante che con tre colpi bussa al portone della chiesa del Carmine. E, ancora una volta, vanno segnalati episodi che davvero poco hanno a che fare con fede e penitenza: urla, volgarità e schiamazzi placati solo al momento dei tre colpi. Il tutto si è concluso alle ore 11 circa con il  rientro del simulacro della Vergine Addolorata.

 

E qui nuovamente c’è un parallelo antitetico con la periferia. Se al centro della città una Madre rientrava in chiesa, alla Salinella un’altra percorreva ancora le vie del quartiere in processione fino a tornare anch’essa nella parrocchia: è l’”Ora della Madre”, momento inedito di preghiera al cospetto della Vergine addolorata che piange il figlio morto in croce: è il Sabato Santo, il giorno del dolore di una madre e del silenzio in attesa della resurrezione. È anche il giorno della veglia pasquale, che alla Santa Famiglia inizia alle ore 22 per terminare poco dopo la mezzanotte.

 

Alleluja, è la Pasqua del Signore, che ha vinto la morte e dà speranza al mondo… una speranza di rinascita che la periferia, più che mai, sente dentro di se.

San Giuseppe alla Salinella: anno nuovo, vita nuova

Anno nuovo, vita nuova, recita la saggezza popolare. Saggezza che quest’anno sembra non aver accompagnato alcuni dei residenti del quartiere Salinella, disposti a violare perfino la legge, depredando il pattinodromo del quartiere delle proprie travi di legno, pur di realizzare i classici falò, maestose cataste di qualsivoglia oggetto combustibile, tra cui materassi e mobili.

Uno slogan, anno nuovo, vita nuova, che invece sintetizza al meglio la febbrile attività della parrocchia Santa Famiglia sotto la guida del parroco don Giuseppe Cagnazzo e del viceparroco don Francesco Santoro, organizzatori, assieme alla comunità, della 1° Festa di San Giuseppe alla Salinella. “Nel rione, la ricorrenza del Santo era accompagnata esclusivamente da spontanei festeggiamenti, musiche, gazebi con bibite, accensione dei falò, il tutto privo di qualsiasi riferimento religioso – dice il parroco – Così, anche su richiesta dei fedeli, abbiamo deciso di dare un vivace tocco di solennità con la preparazione di un “contro-altare”. D’altronde, la vera festa è dove si prega, dove sta il Santo, padre e guida della Santa Famiglia, alla quale la nostra stessa parrocchia è intitolata”.

Precedute da una novena in onore del santo, le celebrazioni hanno avuto inizio con la benedizione del pane, seguita dalla supplica e dalla solenne Messa, al termine della quale si è svolta la processione con la statua di San Giuseppe, gentilmente concessa dalla confraternita del SS Sacramento-Rosario di Monteiasi, e da quest’ultima condotta per le vie del quartiere, assieme all’aiuto della comunità e delle forze dell’ordine nelle vesti dei Carabinieri. Il tutto sotto le note della banda musicale cittadina “Santa Cecilia”. Conclusione all’insegna della festa con la degustazione di alcuni piatti tipici tarantini della tradizione di San Giuseppe, quali pasta riccia con le cozze e pasta riccia con i ceci, preparati dalle parrocchiane con l’aiuto del gruppo Scout A.G.E.S.C.I. e del gruppo Giovani di Azione Cattolica.

Grande partecipazione, quindi, da parte dei residenti del quartiere, a sostegno di una Parrocchia sempre più impegnata nel territorio, per condividere questo momento di gioia, tra fede, antiche tradizioni, e…antichi sapori!