Riportiamo integralmente l’articolo – intervista a Don Giuseppe Cagnazzo realizzata da Francesco Casula e pubblicata sulla Gazzetta del Mezzogiorno il 3 Gennaio scorso:
«Si sparano più bombe perché qualcuno ne parli»
Don Pinuccio Cagnazzo: conseguenza dell’abbandono delle periferie
«E’ un modo per affermarsi, un’occasione per farsi notare per un solo giorno: sparare più bombe o petardi perché qualcuno ne parli e si sappia in giro chi è stato. E’ la strada inversa per dare visibilità alla propria presenza. E’ chiaramente una logica contraria, ma è l’effetto di tanti fattori che si sono intrecciati nei decenni e che oggi appare una matassa inestricabile».
Don Pinuccio Cagnazzo ha 54 anni e da poco più di 4 è parroco alla Sacra Famiglia, la chiesa nel cuore del rione Salinella messo a ferro e fuoco la notte di capodanno: 4 auto distrutte, cassonetti incendiati e esplosioni da conflitto mondiale. La notizia ha raggiunto don Pinuccio mentre era fuori città, ma non lo ha stupito troppo.
«Ma scusate, di che vi stupite? Ognuno utilizza gli strumenti che ha a sua disposizione e fino a quando le periferie saranno utilizzate per metterci dentro ciò che potrebbe disturbare nel salotto buono della città, questi saranno i risultati». Passeggiare sotto i portici a pochi metri dalla chiesa oppure tra i palazzoni di edilizia popolare chiarisce il concetto: per le strade ci sono ancora tracce della guerriglia urbana dell’ultimo dell’anno. Nonostante la pioggia di ieri, si notano ancora i segni lasciati sull’asfalto dalle esplosioni di alcuni petardi. Bombe e fuochi d’artificio, per una notte, hanno messo a ferro e fuoco il quartiere. E poi rifiuti di ogni tipo, sparsi oppure ammassati qua e là.
«La notte di capodanno – spiega don Pinuccio – qualcuno tira fuori alcuni istinti primordiali: in quartieri difficili come la Salinella si vede questo menefreghismo per il bene comune, ma si vede anche quello per la propria persona: io lo so che alcuni vengono alla Caritas a ritirare il pacco dei viveri, ma i soldi per comprare le bombe riescono a trovarli. E’ un po’ come il mito della limousine o del vestito costoso il giorno del 18esimo compleanno o in altre occasioni: nella maggior parte dei casi è fatto da chi il giorno non sa come dar da mangiare ai figli, ma quel giorno ha bisogno di far parlare di sé». Anche la notte di Capodanno è così: qualcuno prova a darsi importanza lanciando petardi, qualcun altro rifiuti dalla finestra, addirittura c’è chi carica la pistola e spara al cielo a mano armata. Perché? Per don Pinuccio è la conseguenza dell’abbandono che vivono le periferie: «Taranto è una città in cui oggettivamente il senso di impunità è particolarmente diffuso: provate a percorrere alcune strade come via Umbria o Cesare Battisti e vi accorgerete che il semplice modo di parcheggiare l’auto in doppia fila è la testimonianza chiara che ci sono ben altri atteggiamenti, meno rumorosi, ma non troppo diversi da quelli della notte di Capodanno. Forse la differenza sta nel fatto che gli effetti di quest’ultima notte sono concentrati in poche ore e quindi, come dite voi giornalisti, fanno più notizia, ma in realtà sono entrambi figli di un senso civico che è quasi morto».
Quasi. La speranza, insomma, non è svanita per don Pinuccio: «Ammetto che a volte si viene colti dalla rassegnazione e dalla sensazione che nulla cambierà, ma non possiamo e non dobbiamo fermarci a questo: nelle periferie non deve rimanere tutto così com’è. Tocca a noi essere protagonisti del cambiamento. Nelle mie omelie parlo sempre di ciò che è bello e ciò che è elegante perché credo che anche alla Salinella sarà la bellezza a salvarci».